venerdì 30 settembre 2016

La pioggia e il vento



La pioggia e il vento sono promesse.
Mi piacciono quando arrivano annunciati dai colori del cielo, o dall’aria satura che riempie le narici, e rimangono discreti, fuori dalle mura di casa.
A occhi chiusi puoi ascoltare lo spartito della natura che pizzica le imperfezioni della città: in una corda per i panni che dondola, in una porta allentata, una finestra vecchia o una corsa sfrenata, che lascia orme che si riempiono.
Come i vuoti della memoria.
Attraverso la trasparenza del vetro si fanno nitide le gocce, nel loro piccolo viaggio, e si portano dietro i miei ricordi di una volta, in montagna, che mio padre camminava ancora, odore di castagne e fumo dolce di caminetti, muri di pietra e viottoli storti.
Sorrisi e foglie pesanti, bucature di ricci e pianti, io piccino con la candela al naso e le lacrime mescolate a terra, come queste gocce che col dito accompagno a morire.
Mi faccio distante dal presente e cerco di raccogliere ogni germoglio del passato, annaffiato da quest’acqua benedetta che picchietta sui vetri, come per avvertire: - attento che stanno passando dei ricordi.
E potrebbero non tornare.
Le tristezze o le gioie, le metto tutte nello stesso sacco.
E le accompagno, qui, sotto l’occhio, nel loro piccolo viaggio.

domenica 25 settembre 2016

Figli







Le mie figlie hanno lo sguardo che è un pontile e da lì le barche partono soltanto.
Il sole sull'acqua scintilla.
Sto seduto e mi guardo le mani per essere sicuro di non tenere nessuna cima.
Ho i calli sui palmi. Segnano il tempo che mi sono mancate: è un conteggio che si aggiorna e serve per rendere importante tutto il resto.
Una difficile estate è alle spalle e so che loro sono pronte per un nuovo varo. Fa male, come ogni consapevolezza di padre.
Mi alzo e tolgo l'ultimo ormeggio. Spingo di prora e le guardo allontanarsi ancora.





domenica 18 settembre 2016

Scegliersi








Scegliere è un diritto e un dovere.
Ma è un’azione unilaterale.
Vai dal fruttivendolo, allunghi l’indice e scegli una mela o un pomodoro; dal panettiere scegli il tuo panino…
Oppure scegli un vestito, un mobile o il posto per le vacanze.
Scegliere puoi intenderlo come selezionare: per me è una parola bruttissima.
Lo è da quando quel dito mi evitava, fino a che non ero l’ultimo della fila per la partita di pallone.
È una parola che non ci dovrebbe essere. Dovrebbe esistere solo al riflessivo.
Scegliersi.
Pensate a quanto cambia la connessione tra persone e cose. Non è per caso vero che in un luogo, voi ci tornate perché anche quello vi ha scelto?
Oppure avete mai avuto l’impressione che la scelta di un libro sia avvenuta da entrambe le parti, anzi, che sia stato quello a chiamarvi?
Ma quelle son cose…
Pensate agli amici.
Pensate al vostro amore. Avete scelto o vi siete scelti?
Scegliersi è condividere una decisione; scegliersi è “farsi oggetto di reciproca scelta”.
Scegliersi sono due dita che si toccano.

mercoledì 14 settembre 2016

Figlia mia






Figlia mia…
Guardo piegarti la faccia una volta al mese e tenerti la mano al basso ventre, come ci fosse qualcosa da proteggere. Di già.
Ma sono inerme dal consolarti per qualcosa di naturale.
Vorrei farmi dolore, per poter provare soltanto a starti vicino e condividere questi momenti.
Come faccio a dirti che sono benedetti?
Come faccio a raccontare a te, che sanguinare è bello, se dubito anch’io?
Che la corona con cui molti uomini vi adornano è fatta di sangue rappreso?
Chi gli ha insegnato a calpestarvi? A considerarvi cosa?
No, non c’è giustizia.
Dovremmo sanguinare noi, ma dalla bocca, o dagli occhi, per sperare soltanto di pareggiare millenni di torti e di sbagli e di prevaricazioni.
Dovremmo strisciare in un inferno in cui ci è proibito alzare lo sguardo per fissarvi gli occhi.
Dovremmo fare come le api, che si alzano in volo verticale, in volo nuziale per raggiungere la regina e cadere giù spossati mentre pensiamo ai nostri sbagli.
Che tanto ci sono.
Sempre.


lunedì 12 settembre 2016

Equilibrio




Equilibrio

Un equilibrista matto
Sul filo teso
Tra i nostri sguardi,
Senza rete.
Come la nostra passione,
Rischia di precipitare
A ogni passo
In un abisso incontrollabile












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venerdì 9 settembre 2016

Mi chiamo Asia




Mi chiamo Asia e ho imparato a scriverlo col sangue.
Kobane è alle spalle e non la vediamo più nemmeno nelle lunghe ombre della sera, che portavano fin sul fronte la sagoma delle nostre macerie.
Davanti abbiamo una nuova città.
Le luci si alzano lontane e rimbalzano sulle nuvole compatte; son sicura che domani pioverà.
Voi che raccontate i telegiornali, non avete visto la linea dura che disegna il profilo del mio viso, fatta di schegge di paura e passione. Shareef la seguiva con un dito mentre i suoi occhi scrutavano l’orizzonte.
Mi chiamo Asia e il mio nome suona alle tue orecchie come i rami spogli e ingarbugliati delle garighe, mossi dallo scirocco autunnale, ancora giovane, ma che a novembre pettina le strade polverose di Kobane.
Oggi mi sembra di sentire ancora l’odore dei gelsomini, che ho respirato una volta da piccola, al mercato dei fiori di Minbic, quando in braccio a mio padre mi tenevo alla sua barba per non cadere.
Mi chiamo Asia e il mio nome adesso è scritto grande su tutta la mia terra.
Le leggende muoiono solo se si dimenticano.