lunedì 26 novembre 2012

Social Network

La possibilità di comunicare facendo interagire i propri pensieri (rendendoli potenzialmente alla portata di tutti grazie alle condivisioni, ai copia-incolla, ecc...), offre un'occasione unica nella storia umana.

Da quasi un decennio questa pratica è spesso analizzata dai vari media. Si cerca di capirne i pregi e i difetti. Si vuol trovare un'etichetta per dire se internet, nelle sue molteplici piattaforme, è il male oppure il bene.
Chiaramente è grigio, lo stesso colore della verità.


Immagine a corredo trovata in rete.

Tutto dipende da chi lo usa, da come lo fa, dalle intenzioni che ha.
E' come guidare un veicolo: puoi uccidere perdendo il controllo o arrivare in tempo ad un appuntamento anche se hai fatto attraversare un'anziana signora.

La possibilità delle persone comuni di conoscere la quotidianità di chi le circonda, è una conquista che cammina di pari passo con l'evoluzione umana.
Nella preistoria "mediatica" interagire è stata un'opportunità limitata ad un ristretto numero di persone, familiari o conoscenti, in relazione alla presenza fisica su un territorio.
I primi media hanno allargato questo spettro, fornendo la possibilità di scegliere tra quelle poche cose che passavano dalla carta, dalla TV e dalla radio. In questa fase e per questi media, l'interazione è sostanzialmente passiva.

Quello che davvero è cambiato con i Social Network, luoghi virtuali dove si possono esprimere  pensieri più o meno estemporanei, altrimenti destinati all'oblio, è che ognuno può decidere cosa cercare.
Inoltre quei pensieri rimangono scritti.
Comporranno l'incredibile eredità di soggetti di cui altrimenti nessuno avrebbe mai saputo niente.
Nemmeno i propri figli.

Stanno crescendo le prime generazioni di giovani che potranno giudicare i propri genitori con strumenti prima inesistenti.
Si abbasserà l'età in cui si comprende la fallibilità degli adulti, e quella della nascita della disillusione.

Stanno invecchiando le prime generazioni di adulti che hanno lasciato la propria impronta virtuale a futura memoria.

Ho sempre solo intuito la gran parte dei pensieri dei miei genitori. Le parole, come dice il saggio, le porta via il vento e solo raramente rimangono impresse nella memoria.

Le mie figlie invece potranno giudicarmi (nel bene e nel male) per quello che ho lasciato scritto; dalla cosa più ponderata, a quella più immediata.
Potranno stabilire, una volta adulte se, quali e quante maschere ho indossato nella mia vita virtuale e confrontarle con il vissuto quotidiano.

La coscienza di ciò è terribile, esattamente come essere giudicati dei propri figli.
Ma è quello che accadrà, senza che ce ne rendiamo conto.
E la cosa più tremenda sarà sentirsi dire: potevi passare più tempo con noi?

Allora la questione si amplia: e' sbagliato rubare tempo alla famiglia per scrivere di noi su un pannello virtuale?

Dipende da cosa filtrerà di noi, dalle cose che abbiamo lasciato nella rete.
Dipende da quanto ci accresce condividere certe emozioni e leggerne degli altri.

Perchè alla fine tutto ciò che perseguiamo è l'autodeterminazione dell'essere e riuscire a realizzare i nostri desideri, di riflesso, avrà un effetto benefico anche verso i nostri cari.


martedì 20 novembre 2012

L'ombra dei Pink Floyd

Le persone sono tanto importanti quanto più è grande l'ombra che lasciano nella storia.
E' proprio quando il sole è al crepuscolo che l'ombra diventa più lunga.

Copertina del libro edito da Giunti.


Il crepuscolo dei Pink Floyd non segna una fine, è solo l'attesa di una nuova luce.
Quello che hanno fatto appartiene ormai alla storia della musica, quello che possono fare insieme non aggiunge nulla al passato.
Un po' perchè Richard Wright è deceduto nel 2008.
Un po' perchè non esistono altri pezzi nuovi.
Tutti i team-up recenti avvenuti dopo il live-aid del 2005, sanno di nostalgico revival per appassionati.

Quello che i componenti del gruppo sentivano di comunicare l'hanno già espresso nei loro album ma quello che mi incuriosisce di queste band storiche sono i retroscena mai narrati, le foto sconosciute, i fattarelli piccanti che sono filtrati nel tempo.

Il libro postato sopra presenta una sarabanda di aneddoti che ha accompagnato una bella lettura di approfondimento sulle pesone dietro gli strumenti.

God save the Pink Floyd.

giovedì 8 novembre 2012

I cipressi e la Terra

Immagine a corredo trovata in rete.


I cipressi sono i silenti testimoni dell’immobilità.

Sfilano per strade che non portano in nessun posto, alfieri delle nostre memorie.

Sono le dita degli dei che tengono separate la carne dalle nostre illusioni che rimangono a galleggiare insieme al rimpianto, come la nebbia autunnale, pronte per trovare un nuovo alloggio.
E l’illusione più grande è quella che trova subito dove attecchire le sue radici, da qualche parte, nell’antro più riposto, dove risiede la speranza che germoglia nella negazione della fine.

Quante ossa la Terra ha ripreso indietro?
Ci sforziamo di viaggiare, con il corpo e con la mente ma rimaniamo sempre qua. E ci rimarremo per sempre finché non saremo qualcosa d’altro, forse di più utile.
Quante ossa sono accatastate sotto i nostri passi? La Terra gronda dei morti del passato e sembra non esserne mai piena.

Eppure è la stessa Terra, placenta dei vivi, rigoglioso alveare dove trascorrere il tempo che passa tra l’andata e il ritorno.
Eppure è la stessa Terra che dona la vita a pretendere il tributo del nostro involucro vuoto.


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Marco Frosali

N.B.: Vietata ogni riproduzione anche parziale senza la citazione del nome dell’autore.

lunedì 5 novembre 2012

I miti non si scelgono da soli

I miti non hanno vita facile.
Se sei un mito devi per forza aver passato un brutto quarto d'ora, anche solo una volta nella vita.
Spesso non c'è nemmeno la soddisfazione di godersi lo status, perché il protagonista non arriva ad esser vecchio.
Soprattutto, i miti sono inconsapevoli di esserlo nel momento che compiono l'azione per cui saranno ricordati.

Il mito dell'unicorno, foto presa dalla rete.

 
Persino trovare un reale sinonimo di mito è un'impresa mitologica.

Oggi capita di incontrare i "falsi miti"; parlarne sa di retorica e predicazione.
Forse perché ce ne sono troppi di preconfezionati.
La capillarizzazione dei media ha reso loro la vita difficile.
Qualcuno lo becchi e te ne tieni alla larga, mentre altri riescono a essere miti a tempo determinato (ossimoro, invero, perchè un mito è per sempre).
In realtà alcuni media cercano di produrre un mito su misura per una certa fascia di utenti, cercando di carpire in anticipo le abitudini e le passioni di un certo momento storico.
Questi miti con timer non sono eterni ma producono abbastanza denaro da accontentare chi li ha creati.

Diamo un taglio al problema.

Non voglio parlare dei miti della letteratura classica o della storia, perchè non sono proprio quello che mi serve per illustrare il senso di questo post.
Non voglio nemmeno alludere a periodi o luoghi leggendari perchè non coglierebbero il senso di quello che voglio dire.

Questo perchè sono ormai consacrati nel tempo, indipendentemente dalla piattaforma culturale che li presenta.

Mi piacerebbe invece parlare di miti generazionali.

Woodstock, per esempio, oppure Il film-musical "The Rocky Horror Picture Show" ma anche Pinocchio, L'Apollo 11, Martin Luther King, Michael Jakson, Pelè, Mohamed Alì... tutto ciò è mito. E' mito adesso e lo sarà per sempre anche se esiste da pochi decenni.

Perchè per sempre? Come faccio a saperlo?
Perchè a me non piace l'Eneide (preferisco l'Odissea anche se quella puntatina nell'Ade è di una forza inaudita) ma capisco perchè appartenga al mito e concordo che lo sia.

Quanto citato sopra rimane un mito, perchè una certa generazione lo ha decretato tale e tale sarà considerato fino alla fine della loro esistenza (l'effetto nostalgia incrementerà la forza del ricordo).
Le generazioni future verranno a patti con le leggende dei loro predecessori e qualcuno capirà o rispetterà l'idea.

Adesso prendo due film che sono molto differenti ma che calzano a pennello per il mio discorso.
Il "Corvo" e "Avatar".

Il primo è un mito, il secondo no.
Parere personale, certo ma sono abbastanza sicuro di quello che ho detto.
Hanno cercato di elevare il film di Cameron a uno status eterno grazie a un bottage pubblicitario e un marketing senza precedenti ma è andata male. Può piacere o meno ma quello che rimane di questo colossal è l'icona modificata e blu di alcuni volti qua e là sui social network.
Potrei dire la stessa cosa di tanti remake gettati in pasto al mondo per fare cassa.

Il Corvo è un film con costi irrisori rispetto alle grosse produzioni hollywoodiane. Presenta autori praticamente sconosciuti che recitano la trama di un fumetto esploso soltanto dopo il successo del film.
Per citare un altro mito: Frankenstain Junior.

Perchè il Corvo è un mito e Avatar no?

Perchè un mito capita.

Te ne accorgi dopo un po', quando capisci che altre migliaia di persone provano per una certa cosa il tuo stesso sentimento.
Quando pensi a quello spillo che hai sentito nella schiena in un certo momento, per una certa frase o una musica, una storia...
Quella cosa la citi insieme al suo contesto in momenti particolari della vita e ti accorgi che è così calzante che diventa universale.
E' così che si trasmette il mito.