sabato 21 maggio 2016
Di Nathan Never e di Thomas Pistoia
Nathan Never 297 è uscito tre mesi fa e io ne parlo solo adesso che, guarda un po', esce l'epocale n° 300.
Spiego.
La serie a fumetti di Sergio Bonelli Editore io la seguo dal 1991: ho praticamente assistito al parto.
E' stata una frequentazione burrascosa. I nostri nemici sono diversi; lui combatte cloni, cyborg e tecnodroidi, io lotto per lo spazio in libreria e il tempo libero.
Ci siamo un po' persi di vista ma l'ho sempre tenuto d'occhio e ci sono sempre stato per le grandi occasioni.
Il fatto insolito è che un paio d'anni fa arriva un amico che mi dice - Sai, mi hanno approvato alcuni soggetti per Nathan Never.
Questo amico è Thomas Pistoia e ha un problema: non riesce a scrivere qualcosa senza infilarci una grana sociale.
Anche la cosa più fessa che puoi trovare sul suo blog nasconde una critica, un occhietto, un ammicco, nei confronti della parte malata della società.
Questo è il suo grande pregio.
E insomma, mi aspettavo che il Pistoia mi tenesse aggiornato sugli sviluppi della trama, si confessasse sugli ambienti, sui personaggi...
Seeee: ho aspettato due anni per sapere cosa diavolo avesse scritto.
Questo è il suo grande difetto.
Di Nathan Never 297 potevo parlare in occasione della sua uscita ma la mia voce, oltre a perdersi tra mille altre, poteva sembrare un caso di compiacimento gratuito; guarda caso una di quelle cose che certamente Thomas ha criticato in qualche sua opera.
Allora mi dico: resto guardingo e lo difendo a spada tratta, nel caso qualcuno lo attacchi ingiustamente.
Sono rimasto a guardare perché di critiche gratuite se ne contano sulle dita di una mano.
Il motivo è semplice: la mafia è un tema trasversale, come ne parli fai bene.
Nella sua storia Thomas ha citato Falcone e Borsellino.
Qualcuno ha detto "Eh, facile", ma guarda caso i loro nomi sono ancora molto scomodi per chi ha avuto a che fare con loro e ha la coscienza sporca.
La storia è commovente e drammatica; non c'è spazio per i sentimenti. Quelli sono bisbigliati, come se il presagio di morte che dimora sulla testa dei personaggi, impedisse loro di poterli vivere pienamente.
La mafia non si vede, esattamente come nella realtà; è un demone che muove le sue pedine su una scacchiera di cadaveri.
Il disegnatore Emanuele Boccanfuso ha arredato le splendide vignette, costruendo uno scenario che se da un lato non ti fa dimenticare di essere nel futuro, dall'altro ti inchioda continuamente alle scene dei terribili attentati che hanno ucciso i due giudici.
Nelle scene di folla ti viene quasi da chiedere permesso per come ti tira dentro.
Thomas in campo fumettistico ha esordito con questo albo ma la sua storia letteraria è già solida. Credo che il suo lavoro di informatico sia una copertura (si dice che la notte si mascheri e esca di casa per combattere il male), o che gli serva per far passare qualche stringa di numeri in quella testa sempre persa tra le parole.
Lui le parole le sa adoprare bene. Può stare ore ad arroccare una frase, finché la musicalità della lettura non lo soddisfa.
Guarda caso questa caratteristica è sfociata di recente, in uno spettacolo teatrale che sta mutando in mano sua e del suo socio Massimiliano Elia.
Da reading letterario è già diventato altro. Con le sue poesie trasformate in canzoni e una lettura che è diventata recitazione.
Io non ho altro da dire. Lascio parlare loro.
Domani 22 Maggio i due saranno a Pescara, in teatro, a muovere i fili delle emozioni.
Per chi fosse nei paraggi: Link Facebook dell'evento pescarese
Mentre qui c'è il link al suo Blog: Via Oberdan
mercoledì 18 maggio 2016
Filo spinato
La rete è grigia,
distante, forse tanto quanto lo sono due porte in un campo di calcio. Se Amjad
la osserva di sbieco sembra una parete. Forse lo è davvero. Lui e Rieda fanno
un gioco: fissano i cerchi di filo spinato, poi muovono le dita e seguono il loro
andamento a spirale. Gli hanno detto che ci sono degli aghi intorno ai cerchi.
Se ci mettono le mani bucano, anche più delle vespe.
Per non sentire i grandi
che gridano i due bambini giocano a palla. È
di Rieda. È grigia, sgonfia, ma ci
giocano lo stesso; la usano da quando sono lì. L’ha ricevuta il giorno che ha
raggiunto le coste della Grecia. Anche Amjad ne possedeva una; l’aveva
costruita lui stesso, arrotolando una vecchia maglia e avvolgendola con dello
spago. Adesso non ce l’ha più; suo padre l’ha disfatta. Ci ha aggiustato le
loro scarpe. Erano rotte.
Quanto hanno camminato!
Per giorni. Hanno attraversato i campi e i boschi e quando faceva buio gli
capitava di finire in acqua. Allora uscivano completamente bagnati. Era
estate e l’aria era fresca anche di notte. Completamente fradici
soffrivano un freddo terribile. Amjad, Rieda e Kuampa si guardavano. I loro
denti sbattevano a causa del freddo. Quel delicato tintinnare che usciva dalle
loro bocche gli sembrava un concerto. Ridevano e in questo modo avevano
l’illusione di asciugare prima.
Da giorni non si vede
Kuampa. Amjad crede che sia tornato a scuola perché la madre del suo amico
piange, come la sua mamma quando in Siria lo venivano a prendere gli uomini
vestiti di nero, per portarlo nella loro di scuole. Rieda invece dice che
Kuampa è morto. Amjad non lo sa come piange una madre in quel caso: a lui non è
mai accaduto.
Finalmente è il turno di
Amjad di fare il portiere: ci tiene tanto. In quel momento i grandi cominciano
a urlare, sempre più forte. I due bambini si voltano in direzione della grande
rete grigia, rimanendo impietriti; a Rieda scivola la palla di mano. Gli adulti
gridano e corrono verso la barriera di ferro, come una mandria in fuga;
lanciano tutto quello che possono raccogliere.
Dall’altra parte i
militari si avvicinano alla rete; altri ne arrivano da dietro la collina. Hanno
grossi fucili grigi che sparano palle, da cui esce fumo che buca gli occhi e fa
piangere. Amjad si tappa le orecchie con le mani perché lo spaventano di più le
grida del fumo.
Qualcuno cerca di
arrampicarsi sulla barriera ma i militari lo fanno cadere usando dei bastoni.
Dalle mani di Amjad i suoni filtrano lo stesso. Sente un tonfo e un grido. Si
volta. Rieda è a terra con la testa insanguinata. Accanto ha un proiettile che
fuma ancora.
Amjad guarda la madre
dell’amico che piange, lo stringe a sé; piange come sua madre quando venivano a
prelevarlo gli uomini vestiti di nero, piange come la madre di Kuampa e allora
Amjad pensa che forse anche Kuampa è morto davvero.
giovedì 12 maggio 2016
Prima lucciola maggiolina.
Da piccolo credevo che le lucciole fossero ampolle di luce. Avevano dentro la stessa magia delle lampadine di Natale, ma erano vive.
La sera di maggio dopo cena, mi sedevo fuori col nonno e fissavo il prato per vedere lampeggiare i puntini luminosi. Mi chiedevo se era la stessa che si spostava veloce o se ce n'erano tante.
Perché di puntini ne puoi seguire uno alla volta, come le stelle, che non la puoi vedere tutte insieme.
- Lo sai che le lucciole portano soldi? - Diceva nonno.
Lo guardavo a bocca aperta, lui rideva e continuava.
- Se la sera ne catturi una e la rinchiudi in un barattolo, al mattino dentro ci trovi dei soldi.
- E come fanno a portarceli?
- Eh, li fanno loro.
Mi sforzavo di capire il funzionamento e conclusi che era lo stesso principio della gallina che fa le uova.
I ragazzini hanno una fiducia incondizionata negli adulti.
Una sera mio nonno entrò in casa con le mani chiuse a nicchia, chiese un bicchiere e lo capovolse su una lucciola. Da vicino era un insetto normale e aveva smesso di brillare, come se fosse infelice, adesso.
Restai a guardarla fino a tardi; andai a letto.
Al mattino la lucciola era morta, accanto aveva alcuni spiccioli.
La magia era finita.
Lucciola lucciola vien da me,
ti darò il pan del re;
pan del re e della regina,
lucciola lucciola vien vicina.
Lucciola lucciola vieni da me,
ti darò veste da re,
veste da re, mantello da regina
lucciola, lucciola piccolina.
Lucciola lucciola vieni da me,
ti darò letto da re,
letto da re, lenzuola da regina,
lucciola lucciola maggiolina.
ti darò il pan del re;
pan del re e della regina,
lucciola lucciola vien vicina.
Lucciola lucciola vieni da me,
ti darò veste da re,
veste da re, mantello da regina
lucciola, lucciola piccolina.
Lucciola lucciola vieni da me,
ti darò letto da re,
letto da re, lenzuola da regina,
lucciola lucciola maggiolina.
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