giovedì 16 febbraio 2017

Presenza




Presenza è una parola che mi piace.
È l’anagramma zoppo di speranza.
Presenza sei tu prima di andare via: prima di senza, che lasci il vuoto quando esci, che ti porti via i respiri, e io che faccio? Mi abbandono ad ascoltare la mia circolazione.
Il vuoto che resta mi svela cosa sia la solitudine con la sua voce, il silenzio. Mi dice che non è scontato l’averlo cacciato, che resta sempre pronto nella vita, sempre in agguato.
Mi viene in mente quella foto in cui c’eri tu, seduta in montagna, coi fuseaux bianchi e blu, i capelli ancora lunghi e gli occhiali vecchi, quelli rossi.
Guardavi l’obiettivo con lo sguardo un po’ perso, o forse no, forse guardavi il futuro: tu sapevi già come sarebbe andata.
È la prima foto che mi hai dato e io l’ho tenuta nei libri.
Sei la mia donna e se dico “mia” non è per possesso: è che un dono gradito non si vuol mandare indietro.
Allora, senti, per non perdere la strada, quando sei lontana unisci i palmi delle mani.
Fallo, guardaci dentro.
Vedi tutte quelle linee? Non è il nostro destino, quella è la mappa da seguire per ritrovarsi sempre.
E io ho qui l’altra metà.

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